di Valentina Taccone
Nell’areale di produzione dei Colli di Salerno, Viticoltori Lenza porta avanti da generazioni una storia importante della viticoltura campana. Una storia che non può non essere raccontata ma che deve, necessariamente, essere narrata da uno degli autori di un racconto che ha come protagonisti territorio, tradizione e valori umani. Abbiamo incontrato Guido Lenza che generosamente, ci ha aperto la porta alla storia della sua azienda, facendoci leggere tutte le pagine dell’azienda di famiglia. Viticoltori Lenza, cantina che porta sulle spalle una storia che inizia da lontano, dal 28 marzo 1881, quando Stanislao Lenza, acquista i terreni del Conservatorio di S. Sofia, geolocalizzati nella frazione Macchia di Montecorvino Rovella ad un’altitudine di circa 150 metri sul mare.
Come raccontiamo questa storia fatta di territorio e famiglia a chi vuole conoscere meglio una cantina storica pietra miliare del territorio salernitano?
“E’ la storia di cinque generazioni di imprenditori agricoli, che hanno preso parte da protagonisti alla storia di un territorio in costante trasformazione quale la Pianura di Paestum che, nel giro di un secolo, ha mutato almeno cinque volte il proprio volto passando da territorio impaludato e improduttivo a fertile ed ubertosa campagna, laboratorio di biodiversità agricola a partire dal tabacco degli anni trenta del secolo scorso, passando per le distese di albero da frutto, il carciofo, il pomodoro, le colture a servizio degli allevamenti bufalini e, oggi, la quarta gamma. Una terra che si è rivelata vocata a forme di agricoltura diversissime tra di loro e che, complice il cambiameno climatico, oggi appare idonea ad ospitare una viticoltura sostenibile, grazie terreni ricchi di sostanza organica, che in parte compensa l’aumento delle temperature riducendo lo stress idrico delle piante, e alla presenza della brezza marina, il cui costante affluire riduce gli ambiti pedoclimatici sfavorevoli alla vite e alla sanità delle uve”
Una produzione evidentemente orientata verso il biologico, ancor piú al naturale. A cosa mira questa scelta?
“In campo, il favorevole contesto pedoclimatico consente di adottare serenamente i protocolli della viticoltura biologica, peraltro rimanendo pure ampiamente al di sotto dei limiti di utilizzo di rame e zolfo. Per quanto riguarda il lavoro in cantina, il termine che meglio ci descrive è “artigianale”, inteso come produzioni dai quantitativi minimali che consentono al produttore non solo un costante controllo dei processi di vinificazione ma anche di evitare l’utilizzo di coadiuvanti e additivi molto spesso necessari per “omologare” partite di uve e di mosti differenti. Le attuali dimensioni produttive ci consentono di dedicare ad ogni singola referenza un singolo vaso vinario e questo rende le operazioni in cantina più semplici e gli interventi ridotti all’osso. Dall’annata 2022 abbiamo iniziato ad innestare i processi fermentativi tramite fermentazione spontanea o direttamente dalla massa delle uve appena pigiate (per i vini rossi) o mediante pied de cuvee (per i vini bianchi).”
Un’azienda agricola che cerca sempre di più di promuovere nella sua produzione varietà autoctone per mettere al centro una coerente narrativa territoriale. Come lo fa Viticoltori Lenza?
“Il patrimonio ampelografico dell’azienda è composto esclusivamente da uve autoctone campane. Fiano, Greco e Falanghina per le uve a bacca bianca, Aglianico e Piedirosso per le uve a bacca rossa. Il nostro lavoro in cantina è concentrato sulla coerenza tra il prodotto finale e le uve che lo hanno prodotto, nelle peculiari condizioni pedoclimatiche dei nostri vigneti”
Branding e comunicazione visiva, etichette che portano il nome di una storia secolare ma con un approccio visivo moderno. Sullo scaffale e nei banchi d’assaggio, anche l etichetta gioca la sua parte. Scelta di marketing o un’idea precisa con una semantica ben concentrata? Ci racconti l’anatomia di queste etichette, dall’etichetta alla scelta del nome?
“Il segno cavallo, riportato nel logo aziendale e in tutte le etichette, racconta una parte della storia imprenditoriale familiare ove all’attività agricola si è sempre accompagnata quella allevatoria, un tempo di cavalli “da lavoro”, un tempo “macchine”essenziali per l’incedere della bonifica fondiaria della Pianura di Paestum, e oggi cavalli “da corsa”, da immettere nel circuito nazionale delle corse al trotto gestito dal MIPAAF in cui è incluso anche l’ippodromo di proprietà. I nomi delle singole referenze richiamano i membri della nostra famiglia.”
Chiara la filosofia aziendale, ora dove mira l’ago della bussola della cantina?
“Continuare a raccontare, tramite i nostri vini, la storia di un territorio operoso, che beneficia di condizioni pedoclimatiche ideali per un’agricoltura e una viticoltura sostenibile e di grande qualità.”