Paolo Lauciani – Premio alla carriera

Puoi raccontarci come è nata la tua passione per il vino?
Sono sempre stato curioso di tanti aspetti che mi circondavano e che mi piacevano.   Già da ragazzo lo assaggiavo di nascosto quando i miei lo aprivano per ospiti, ne assaggiavo un goccino. C’è sempre stata passione poi quando ho scoperto le affascinanti radici culturali del vino ho deciso di iscrivermi ad un corso di sommelier per approfondire.

Quali sono stati i momenti e gli incontri più importanti nel tuo percorso nel mondo del vino?
Ho cominciato con un corso di sommelier per acquisire strumenti tecnici per capirlo meglio e più in maniera professionale ma avevo pensato di passare con allegria un anno e poco più e non mi sarei mai immaginato che ci sarei rimasto a vita in questo ambiente (ormai sono 30 anni da quel corso). E’ stato Franco Maria Ricci che dopo aver scoperto che nella vita ero un insegnante mi propose di diventare docente. Incontri indimenticabili sono stati Gino Veronelli visto a più riprese , mi ricordo ad esempio un elogio del grande maestro che disse che aveva sentito che stavo facendo grandi cose per il vino ai tempi di “Gusto” quando purtroppo stava cominciando a soffrire di problemi alla vista. Tra i maestri metto poi Daniele Cernilli, Giacomo Tachis e produttori che hanno contribuito , su tutti Edoardo Valentini e Franco Biondi Santi. Nel novero delle esperienze anche ovviamente Tg5 Gusto che mi ha insegnato con i tempi stretti della TV il dono della sintesi e dell’efficacia delle parole, è servito tanto a snellire il mio modo di proporre la comunicazione del vino.

Se potessi incontrare un vignaiolo del passato chi sceglieresti? E cosa vorresti chiedergli o bere insieme a lui
Il primo è ovviamente Henri Jayer e vorrei sentire da lui cosa era la Borgogna prima del boom speculativo e dell’aumento dei prezzi. Mi piacerebbe sentirgli raccontare  il fascino di una terra allora ancora ancestrale, primitiva e affascinante e ovviamente bere con lui un calice di Cros Parantoux che conosco solo nella sua versione moderna.

La  comunicazione del vino oggi è mutevole e mai così ricca eppure sembra che non riusciamo ancora a comunicarlo come vorremmo, cosa è che ci sfugge? E’ un problema di linguaggio o di cultura o ancora di scelta del mezzi e dei momenti per comunicarlo?
Direi che la comunicazione del vino ha acquistato in ampiezza e orizzontalità ma perso in approfondimento e verticalità. Penso che sia necessario calibrare il messaggio in base alla platea di riferimento ma essere sempre più chiari per una platea sempre più ampia. Mai dare sfoggio di sè per sottolineare la propria competenza, ammesso che ci sia. Essere umili ed essere sempre pronti ad apprendere e migliorare se stessi. Comunicazione quindi a tutto tondo a partire da requisiti minimi a livello lessicale e grammaticale. Prima occorrerebbe imparare a comunicare e poi imparare a comunicare il vino in specifico. I social media sono mezzi e quindi strumenti che possono essere usati bene o male e quindi di per sé non sono dannosi o utili, tutto sta in chi li usa e come.

Dal punto di vista professionale la formazione occupa una parte importante della tua vita, quale è l’argomento più importante da insegnare ai giovani oggi nelle scuole di enogastronomia in Italia ?
Certamente la formazione dei giovani è la mia mestiere insieme al Latino e Greco che insegno al Liceo Classico. L’aspetto più importante è sottolineare e far scoprire ai giovani il legame profondo tra storia, tradizione, cultura e patrimonio enogastronomici del nostro paese e degli altri che producono vino. Come dice Massimo Montanari “il cibo si configura come elemento decisivo dell’identità umana e come uno dei più efficaci strumenti per comunicarla”. Sottoscrivo e ci aggiungo che anche il vino ha la stessa potenzialità e importanza.

Nella tua esperienza nel campo del vino, dove pensi stia andando la produzione e lo stile dei vini ? i vini senza alcol o con ridotto contenuto di alcol sono uno dei futuri possibili o l’inizio della fine del vino come bevanda?
L’aspetto positivo del nuovo stile e metodi di produzioni dei vini è l’attenzione alla salubrità e sostenibilità del bere vino, slogan e schieramenti precostituiti nei partiti di ultrà dei vini  prodotti in un modo o in un altro (non uso volutamente termini come “naturali” o simili per non cadere di nuovo in dialettiche fastidiose in cui sono stato spesso trascinato mio malgrado) invece non mi piacciono per niente e sono piuttosto nocivi al fatto di poter bere senza paraocchi e con cognizione di causa. Di certo vini del futuro dovranno essere sempre rispettosi del mondo che li circonda.
Per quanto riguarda  i vini senza alcol banalmente non sono “vino” che per sua definizione ha al suo interno alcol che è elemento fondamentale non in quanto alcol in se’ ma in quanto elemento che aiuta espressione affascinante del vino stesso, dei suoi profumi e delle sue caratteristiche organolettiche. Se parliamo di succhi di frutta è altro argomento ma non è il mio e spero che non lo diventi. Anzi non lo diventerà mai, per quanto mi riguarda.

Uno degli argomenti del giorno sono le fiere del vino: quale sarà il futuro delle fiere ?  In che modo un festival particolare come il Paestum Wine Fest può creare opportunità e business nel settore?  
Per quale motivo pensi sia diverso dagli altri e cosa vorresti vedere nelle prossime edizioni?
Le fiere sono momenti fondamentali per operatori del vino e anche per gli appassionati , son un mezzo per attrarli e portarli a crescere nella conoscenza del vino stesso a patto che non siano solo sbicchierate ma che prevedano momenti di riflessioni e approfondimento del vino stesso.  Il Paestum Wine Fest ha sempre puntato in questa direzione ed è carta vincente , un’altra è che tutto questo viene fatto in uno dei templi della cultura, portatore della nostra tradizione più antica e più intensa. Il Paestum Wine Fest è quindi una sintesi a tutto tondo della grande cultura della nostra terra, meraviglioso anche per questo. Per il futuro vedrei bene più apertura al mondo con coinvolgimento di attori e comunicatori del vino a livello mondiale, qualcosa che non può che renderlo più bello e affascinante.