Elsa Mazzolini – Premio alla Carriera

Mai come oggi il ruolo del giornalista enogastronomico sembra in via di trasformazione: quale è oggi questo ruolo?

Quello di approfondire con analisi precise gli argomenti trattati, senza la piaggeria e i toni apologetici che permeano oggi qualsiasi testo relativo a chef, ristoranti, cantine. In Italia il giornalismo non è libero

(siamo oltre il quarantesimo posto al mondo per libertà di stampa) essendo minacciato da contenuti falsi, manipolativi, propagandistici, agiografici.

L’intelligenza artificiale non aiuterà, anzi creerà ulteriori danni, se non ci sarà la volontà del giornalista di uscire dalle sabbie mobili della mancanza di obiettività e onestà verso il lettore.

Quali sono le figure più importanti che hai incontrato o con cui hai collaborato nella tua vita professionale? Cosa direbbe oggi Indro Montanelli del panorama editoriale?

Montanelli, che è stato il mio direttore quando lavoravo al “Giornale”, aveva un pensiero costantemente avverso al politicamente corretto della morale comune. Conservatore, cinico e caustico, avrebbe disprezzato i pennivendoli di oggi, avendo come primo valore la propria libertà di espressione, sempre critica o in contrasto con il potere e l’informazione strumentalizzata. Da lui e dagli altri grandi mentori che ho avuto la fortuna di incontrare – come Veronelli, Anderson, Bolognesi, Raccagni, Betti e molti altri nel settore vino, Marchesi in primis per il cibo – ho assimilato la volontà, se non la capacità, di coltivare la mia assoluta autonomia, che ho pagato e pago sia sul piano professionale che economico. Difficile che chiunque possa dirmi cosa devo dire o fare, anche se il confronto è una delle mie priorità.

Cosa significa al giorno oggi essere editore di una rivista che si occupa di cibo e vino?

Come editore e direttore della rivista che per prima in Italia si è occupata di comunicare il vino e il cibo nel settore specializzato, trovo oggi complessa ma necessaria la transizione su web e social, essendo questi strumenti più veloci e ormai irrinunciabili, anche se per me ancora complementari e non primari. Vedo  tuttora nella carta un’autorevolezza e una identità che il web non possiede, smarrito com’è tra fake, maleducazione, incultura diffusa. Per questo in redazione curiamo in modo maniacale il controllo delle fonti, la capacità di scrittura, la percezione tattile della stessa carta che scegliamo, l’eleganza formale ed intrinseca dei nostri contenuti.

Nella tua esperienza nel campo del vino, dove pensi stia andando la produzione e lo stile dei vini ? I vini senza alcol o con ridotto contenuto di alcol sono uno dei futuri possibili o l’inizio della fine del vino come bevanda?

Sarò conformista, ma non vedo nell’alcol free il futuro migliore per il nostro vino, che necessita del sostegno alcolico per sviluppare e mantenere le proprie più peculiari caratteristiche. Certo è che molte variabili sembrano insidiare il futuro delle nostre aziende vinicole, con un mercato giovane oggi più orientato a birra e cocktail che a valide produzioni enoiche, con i bianchi e le bollicine che stanno surclassando i rossi, con la contrazione negli acquisti di alcuni mercati esteri, con consumi più ridotti del vino al ristorante perché gravato da ricarichi eccessivi. Nel necessario ripensamento di limiti, cambiamenti e opportunità per le aziende produttrici, solo qualità, corretta informazione, graduale avvicinamento ai giovani, invito a consumi moderati e consapevoli costituiranno il viatico per un futuro possibile del vino non solo come bevanda, ma come straordinario valore culturale, territoriale, nazionale.

Uno degli argomenti del giorno sono le fiere del vino: quale sarà il futuro delle fiere ? In quale modo un festival particolare come il Paestum Wine Fest può creare opportunità e business nel settore?

Amo ormai pochissimo i carrozzoni delle grandi fiere del vino, costose, pletoriche, dispersive: secondo me sono sempre più anacronistiche e con un discutibile futuro. Oggi esistono mille opportunità di contatti più facili e “sostenibili” e il Paestum Wine Fest può essere una di queste, in quanto più accessibile e potenzialmente in grado di favorire e facilitare le  possibilità di conoscenza, sviluppo e business del settore.

Per quale motivo pensi sia diverso dagli altri e cosa vorresti vedere nelle prossime edizioni?

E’ la sua caratteristica di collocarsi al sud, con l’auspicabile obiettivo di mettere finalmente in evidenza tutte le migliori caratteristiche meridionali del Paese, il vero punto di forza di un evento che nel tempo dovrebbe dare uno spazio più qualificato al food, evitando per quanto possibile la dimensione della sagra e stringendo collaborazioni fattive con la ristorazione, anche del nord, con appositi spazi che favoriscano pairing più coerenti e qualificanti.