Villa Diamante, il passato dal sapore di futuro

“Questa terra ricca di boscaglie e ruscelli che ora sgorgano dalle rocce e ora si riempiono e serpeggiano nelle ridenti valli, è impreziosita da tutte le bellezze in una natura selvaggia ma anche benevola”. Chi sceglie di perdersi nei sentieri irpini, ruminando le immagini regalate da Stolberg, ha solo l’imbarazzo della scelta. Oppure, può lusingare naso e palato scoprendo la tempra di alcune vignaiole e dei loro vini che fondono tenacia, dedizione, resilienza e sogni.

Le mani, le braccia, le menti e gli sguardi di madre e figlia, Diamante Renna e Serena Gaita, contengono così tanta passione che non si riesce a raccontarli pienamente. Hanno tanto da dire: sono un intreccio e un legame che muove il loro impulso amoroso verso il vino.

IL SIGNORE DEL FIANO

Si dice che il vino somiglia a chi lo produce e, in questo caso, somiglia tanto a chi lo ha voluto.Antoine Gaita è ricordato da tutti come il “signore del Fiano”. Scomparso prematuramente, era un artigiano del vino, il decano della vinificazione dei bianchi irpini. Il suo è stato infatti uno dei primi, coraggiosi, tentativi di declinare il Fiano in tempi lunghi, necessari per una vera e giusta resa del vino.

Il suo lavoro, mirato all’esaltazione del territorio di origine, oggi prosegue con la stessa dovizia e linea filosofica con Serena, prossima alla laurea in enologia, con la madre Diamante e con l’enologo Vincenzo Mercurio. “È dura ritagliarsi il proprio posto in un mondo considerato ancora maschile per la cultura che si tramanda in questo ambiente dal passato”, commenta Diamante Renna. D’altronde la ‘mascolinità’ dell’agricoltura come quella dell’imprenditoria, fa parte del heritage che passa di mano in mano assieme alla gestione delle aziende agricole, che vivono di storia ed attaccamento al territorio.

IL PASSATO NEL FUTURO

Circondata da vigneti posti tra i 400 e 500 metri, nel comune di Montefredane in provincia di Avellino, Villa Diamante è un piccolo gioiello in Irpinia, luogo che non suscita la nostalgia del bel tempo che fu. Qui il passato ha il sapore del futuro.

La produzione di vino rappresenta motivo di orgoglio, prestigio e gloria del territorio, perchè il fiano si esprime magistralmente: nasce dalla fusione di vari elementi che vanno dalla composizione, profondità e drenaggio del suolo argilloso che nasconde nei suoi strati la forza minerale di pietre e antichi lapilli provenienti dalle eruzioni del Vesuvio, al clima, all’esposizione dei vigneti nord – nord ovest (non usuale) alla loro altitudine e vicinanza al bosco nonché dal costante e assiduo lavoro, dalla passione, dal sacrificio, dal desiderio, dall’affezione e dal trasporto che si respirano nell’aria e si assaporano nel bicchiere.

LA VIGNA DELLA CONGREGAZIONE e CLOS D’HAUT

Due sono gli ettari di Vigna della Congregazione (terreno appartenuto alla Chiesa, da qui il nome) costante interpretazione della tradizione mentre Clos d’Haut è una parcella piccolissima a Montefredane di 1,5 ha.

“L’impianto delle piante madri che la caratterizza è a cordone speronato, sicuramente non il sistema di allevamento di eccellenza del fiano, ma le vigne sono state gestite così da mio nonno e mi piacciono tanto”, afferma Serena Gaita. Piante madri di circa 30 anni che per le loro caratteristiche genetiche trasmettono alla posterità un corredo di informazioni, capaci di fornire uve con vigorosi acidi e tannici, importanti prerogative di longevità.

La conduzione del vigneto è biologica dal 2003 e le vendemmie, atte a garantire una maggiore concentrazione gustativa, sono tardive, non prima della metà di ottobre. Anche se i cambiamenti climatici stanno portando lentamente ad anticipare la raccolta.

In cantina il lavoro è basato più sull’osservazione che sull’intervento umano: nessuna operazione di chiarifica o di filtraggio e importanti permanenze sulle fecce. Queste ultime, prima di diventare una moda, sono state praticate a Villa Diamante sin dal 1996, atte a cesellare il profilo del vino in modo profondo e delicato al tempo stesso. I vini prodotti, estremamente riconoscibili, esprimono una poetica fondata sulla ricchezza degli aromi ma anche sulla profondità del gusto, non temono lo scorrere del tempo e diventano testimoni del nobile mondo irpino, che sa catturare lentamente.

DEGUSTAZIONE

Vigna della Congregazione Riserva 2021

Uvaggio: 100% fiano

Fermentazione in acciaio inox, a temperatura controllata con 11 mesi sui lieviti

Affinamento: almeno 6 mesi di bottiglia prima della commercializzazione.

Lucente giallo paglierino, l’olfatto si colora di pino, erbe aromatiche e agrumi. Il gusto ha molta energia sapida mentre un’acidità integrata e un leggerissimo tannino sul finale rinfrescano il sorso. Di buon corpo e persistenza con forme ancora inespresse ma percebili di interessanti evoluzioni future.

Clos d’Haut riserva 2021

Uvaggio: 100% fiano

Fermentazione in acciaio inox, a temperatura controllata con 11 mesi sui lieviti

Affinamento: almeno 6 mesi di bottiglia prima della commercializzazione.

Più timido del fratello, l’elegante olfatto è caratterizzato note freschissime di cetriolo, anice e un leggero sentore affumicato. Al palato è vibrante grazie ad un’acidità verticale integrata nella struttura che parla d’Irpinia. Avvolgente, decisamente ricco e persistente.

Non ci sono dubbi, a maggior ragione dopo le conferme eloquenti degli assaggi, la varietà Fiano è uno dei punti di forza dell’enologia campana e di quella italiana tout court.