Perillo e il valore del Tempo per il Taurasi

Balzac scriveva: “Ogni potere umano è composto di tempo e pazienza”. Lo stesso concetto, in fondo, vale anche per il vino e per l’inconfondibile ed impeccabile “stile Perillo” che sfida le leggi di mercato e soprattutto quelle più rigorose del tempo, scegliendo per il Taurasi lunghissimi periodi di affinamento che superano il decennio. Intensità ed eleganza, complessità e scorrevolezza, precisione e finezza sono magistralmente coniugate.

La perimetrazione geografica dell’attuale comprensorio del Taurasi è regolamentata dal 26 marzo 1970 grazie al riconoscimento della denominazione di Origine Controllata a cui ha fatto seguito il decreto Ministeriale dell’11 marzo 1993 che ne ha elevato il rango a quello di Garantita. Il Taurasi è stato quindi il primo vino dell’Italia Meridionale a maritare la Docg.

L’aglianico è il vitigno pressochè esclusivo nel Taurasi sebbene il disciplinare di produzione consenta da sempre l’utilizzo di altre varietà a bacca nera non aromatiche fino ad un massimo del 15%. Si tratta del vitigno a bacca nera più diffuso in Campania e tra le varietà più difficili da interpretare.

Racconta Felice Perillo, giovanissimo figlio di Michele, che “l’azienda nasce a Castelfranci, in provincia di Avellino, nel 99’. Fino ad allora, mio papà era un operaio stagionale della Ferrero, a Sant’Angelo dei Lombardi. Questa è terra anche di nocciole, ed infatti si produce la Nutella, ma lui ricordo faceva il Duplo! Nel periodo estivo, papà seguiva la vigna, producendo vino sfuso per amici del paese mentre il restante dell’uva la vendeva a qualche commerciante del napoletano.

Io sono cresciuto in azienda, nel 1999, all’età di 5 anni ho fatto la mia prima vendemmia: è una passione cui io non ho pensato, mi ci sono trovato dentro e mi piace tantissimo. Ho perciò studiato enologia qui ad Avellino, con il professore Moio”.

Il sig. Michele spiega, che dopo alcuni anni in fabbrica, si rese conto che la vita sedentaria non era fatta per lui, “sono cresciuto in campagna e stare 8 ore nello stabilimento mi andava stretto, sono sempre stato uno spirito libero. Nel 99’ ho deciso di fare il vino! E che vino? Il Taurasi! Con Carmine Valentino, l’enologo, ho intrapreso questo percorso: era la prima volta anche per lui che fino ad allora seguiva qualche azienda, ma di vini bianchi. E così, un po’ per gioco comprammo 7 barrique ed imbottigliammo il primo anno 2.100 bottiglie di Taurasi, proprio dalla vigna qui dietro la cantina. Piano piano ci siamo resi conto del potenziale: facendo una buona lavorazione, curando il terreno ed assecondando la natura, si posso avere gran risultati. Prima si parlava di soltanto delle aree Taurasi e Montemarano, ma oggi si inizia a sentire anche di Castelfranci”.

“Sono quasi 10 gli ettari di vigna ma –  racconta Felice – produciamo da 6: in realtà questi altri 4 sono ettari di mio nonno, il papà di mia madre, che ha condotto sino all’anno scorso. E’ una vigna non vecchissima come l’altra che ha impiantato il nonno di mio padre, ma comunque ha 70 anni. La resa ad ettaro, nella annate buone, è di circa 30/35 quintali ma il problema è che più si va avanti più le rese si abbassano. Quest’anno abbiamo soltanto due tonneau, giusto 10 ettolitri!

Il terreno è un’arenaria compatta, uno dei pochissimi terreni sabbiosi della denominazione: tra i 17 comuni che fanno parte del comprensorio del Taurasi, ci sono parecchie differenze tanto che si potrebbe ipotizzare una distinzione tra alta e bassa valle del Calore. Paternopoli, Castelfranci e Montemarano fanno un mondo a se rispetto gli altri che stanno più a scendere anche se sono più a nord come localizzazione. I vini sono più longevi e forse a livello aromatico hanno qualcosa in più da esprimere nel tempo”.

Sicuramente l’aglianico è un vitigno scontroso, difficilissimo da vinificare con tannini che richiedono tempo ma, spiega Felice che “è l’acidità alta che fa percepire tanto l’astringenza. Ad esempio, il sangiovese ha una concentrazione tannica forse il doppio dell’aglianico, ma anche lo stesso nebbiolo.

E’ un vitigno che ha bisogno di tempo. Non tutti si spingono a novembre come raccolta, quando crollano le acidità perché poi risalgono! Ed inceppare in questo problema è molto facile. In vendemmia abbiamo 2.9 – 3 di ph e deve andare male per avere 3.1! E’ l’ideale, non puoi avere problemi. Però abbiamo acidità che arrivano ad 8-9!

Noi vendemmiamo di solito a novembre, sicuramente dopo i morti. Una volta abbiamo vendemmiato, tipo il 2010, a dicembre, gli ultimi 30 ettolitri, con la neve sciolta nel vigneto era precisamente il 6 dicembre. Così anche il 2014”.

E’ questa infatti una delle zone più fredde dell’Irpinia, dove la maturazione è lentissima, ma le forti escursioni termiche, la bassa piovosità con temperature estive assai miti e la favorevole orografia del territorio con vigneti collocati a circa 500 metri di altezza nonché le ampie superfici boschive, forniscono le condizioni termiche ideali per assicurare alle uve un corretto processo di maturazione, grazie al graduale sviluppo degli zuccheri e degli acidi ma soprattutto all’equilibrio tra queste componenti, elemento imprescindibile per dar vita a vini di pregio.

Michele afferma che “Attendiamo dieci lunghi anni prima di posare la bottiglia sullo scaffale: oggi è in commercio il 2010 ed il 2009 riserva. Dalla vigna dietro la cantina, abbiamo intrapreso il progetto 15 anni osservando l’evoluzione del vino in lunghi periodi e la 2005, è uscita quest’anno”.

Il tempo è quindi il valore assoluto della filosofia dell’azienda Perillo assieme al sodo lavoro, amore, pazienza e cura artigianale. Il loro vino, esprime caratteri antitetici come fruibilità e potenza, capace di fare scuola sul territorio al netto di tanti mostri sacri che condividono insieme a questa azienda la miniera d’oro, in fatto di qualità, che corrisponde al nome Irpinia.

E’ importante far evolvere il Taurasi, che Felice, descrive come massima dell’aglianico, lentamente, dargli il modo di respirare, sentire il passare delle stagioni, lasciare che il tempo faccia il suo lavoro, esaltandone l’espressione del terroir. E, si sa, l’attesa ripaga.

Coda di Volpe 2018

Uvaggio: 100% coda di volpe, 14%

Vinificazione: fermentazione in acciaio, con lunga sosta sulle fecce ed affinamento in acciaio per 2 anni

Andamento climatico: esasperata variabilità metereologica

Vivace e luminoso giallo paglierino screziato d’oro, ha un naso dalla intrigante tinta di frutta a polpa gialla, erbe aromatiche, seguono accenti agrumati e profumi di pera. Il sorso è energico ed è reso saporito dalla sinergia di frescheza e sapidità. Lascia dietro di se un lungo finale di citronella e vibrazioni fumè.

Taurasi Riserva 2009

Uvaggio: 100% aglianico, 13,5%

Macerazione di 25 gg in tini di acciaio ed affinamento in barrique per12 mesi, in botte da 20hl per 20 mesi.

Andamento climatico: capriccioso, umido ed eterogeneo

Nettare rubino profondo con lampi granato, offre al naso un ampio ventaglio di spezie scure, frutti neri, maturi e succosi, ciliegie rosse, tamarindo, incenso e sandalo, tenuti insieme da un elegante profilo di sottobosco ed attraenti ed immancabile contrappunti balsamici. La bocca è sorprendentemente fresca e ricca, ed alleggerisce, quasi diluisce il tannino. Evoluto, ma non ancora maturo, già emoziona.

Quindicianni Taurasi Riserva 2005

Uvaggio: 100% aglianico, 14%

Vinificazione: fermentazione spontanea in acciaio e 24 mesi in botti da 25 hl. Affinamento di12 anni.

Andamento climatico: ottima annata

Splendido e luminoso granato. Aria di famiglia, con note costanti di struttura, equilibrio, armonia e eleganza. Ed un ventaglio di tannini fini e vellutati. Dimostrazione concreta che l’essenza e la ragione della fama del Taurasi risiedono nella sua ordinaria capacità di migliorare nel tempo, regalando straordinarie e sempre diverse sensazioni agli amanti del vino. Ci sono poesia e percezioni da apprezzare in silenzio: chiudendo gli occhi e mettendo il naso nei bicchieri si è pervasi dalla dell’estate in Irpinia, dai colori intensi che non accecano, dai cesti di fiori di campo ed erbe aromatiche tipiche del bosco mediterraneo. Il timbro ferruginoso si fonde al cioccolato e libera sensazioni di sottile spezia. Persistenza indimenticabile.