PAESTUM WINE FEST
Il vino come racconto, il servizio come arte: Davide Macaluso e la visione moderna del sommelier
di LUCIA I. MIGLIACCIO
Immaginate un ragazzo di diciott’anni, un’estate da bagnino, il mare della Toscana sullo sfondo. Una sera, per caso, viene invitato da un gruppo di amici più grandi in un’osteria. Non sa che quella cena, con dieci vini in abbinamento e una carta che sembra un mondo tutto da scoprire, cambierà per sempre il suo modo di vedere le cose. È così che inizia la storia di Davide Macaluso, toscano di nascita e sommelier per vocazione. Da quel primo colpo di fulmine, il vino è diventato per lui una strada da percorrere con curiosità, rispetto e tanta passione. Oggi guida gli ospiti del Grand Hotel Principe di Piemonte in esperienze uniche al calice, forte di un percorso che attraversa l’Italia e si nutre ogni giorno di studio, confronto e ascolto. In questa intervista, Davide ci racconta come si diventa sommelier, cosa significa lavorare in sala con stile e discrezione, e perché, alla fine, il vino è prima di tutto una forma di condivisione.·
Qual è stata la tua ispirazione iniziale per diventare sommelier e come hai iniziato il tuo percorso professionale in questo campo?
“Letteralmente folgorato. Estate 1997, 18 anni compiuti, professione bagnino. Un gruppo di clienti/amici della spiaggia più grandi mi portano in una storia osteria con una bellissima carta dei vini, bevanda per me all’epoca quasi sconosciuta. Ed eccoli li, 10 vini in abbinamento ad una cena perfetta. La scintilla è scattata li“.
Quali sono le qualità più importanti che un sommelier dovrebbe avere per eccellere nel settore della ristorazione di alta classe?
“Trasmettere la passione per quello che fa, portare l’ospite immaginariamente nei suoi viaggi per cantine e territori di produzione enoica. Ma sopra questo, capire le esigenze, anticipare desideri ed essere sempre discreto e lettore dell’ospite”.
Come ti aggiorni sulle nuove annate, le varietà di vino e le tecniche di vinificazione?
“E’ un lavoro costante, fatto di letture da canali specializzate nel raccontarle, Naturalmente fondamentale il rapporto personale con i produttori del cuore da diverse zone vinicole, in modo da avere sempre una lettura costante dell’andamento dell’annata e di novità tecniche”.
Se tu fossi un vino, quale saresti e perché?
“Penso che sarei una delle etichette prodotte da Luca Roagna. Complesse, bisognose di studio per comprenderle per innamorarsene perdutamente”.
Quali tendenze recenti hai notato nel mondo del vino e come influenzano il tuo lavoro quotidiano?
” Il cambio generazionale inizialmente ha portato una certa fascia di clientela ad essere curiosa di nuovi prodotti, eseguiti da tecniche innovative di vinificazione ed in zone magari inusuali. Ad oggi si stà tornando con la voglia di ristudiare i territori che storicamente producono vini a livelli qualitativi molto elevati“.
Quali sono le sfide più comuni che affronti nel tuo lavoro e come le superi?
“Il tenere alto la voglia di crescere ogni giorno da parte dei miei collaboratori. La motivazione è fondamentale ed un gruppo coeso lo fa a vicenda, rendendo più semplici questa criticità”.
In che misura partecipare a eventi e festival del vino come PWF influisce sulla tua crescita professionale come sommelier e quali opportunità hai trovato in queste esperienze?
“Il vino è condivisione. Il fatto di ritrovarsi con amici professionisti per diverse manifestazioni, rafforza i nostri legami e rende più forte il messaggio che tutti i giorni trasmettiamo ai nostri ospiti”.
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