PAESTUM WINE FEST

Carla Scarsella: precisione gentile, visione profonda

di LUCIA I. MIGLIACCIO

C’è una determinazione silenziosa, ma tenace, in chi come lei ha scelto di coniugare sensibilità e rigore, formazione accademica e passione autentica. Carla Scarsella, classe 1994, è maître e sommelier del ristorante Sintesi ad Ariccia, una Stella Michelin nel cuore dei Castelli Romani. Il suo percorso si è sviluppato lungo due direttrici parallele – l’educazione e il vino – che ha saputo armonizzare con intelligenza e visione, fino a trovare nella ristorazione d’eccellenza il proprio spazio espressivo più naturale.

Co-fondatrice di Sintesi insieme alla sorella Sara e allo chef Matteo Compagnucci, Carla ha costruito una carta vini che racconta l’Italia e l’Europa attraverso oltre 350 etichette, mescolando nomi affermati e piccole realtà virtuose, con un occhio attento alla sostenibilità e all’identità territoriale. Curiosa e in costante evoluzione, ha affiancato al vino anche lo studio della birra, del sake, della mixology e persino del kombucha, in un continuo approfondimento del mondo del beverage.

In questa intervista ci racconta il valore dell’empatia nel servizio, l’importanza della formazione continua e l’emozione quotidiana che si cela dietro ogni bottiglia scelta con cura.

Qual è stata la tua ispirazione iniziale per diventare sommelier e come hai iniziato il tuo percorso professionale in questo campo?

“L’ispirazione è nata in famiglia, dove io e mia sorella siamo cresciute con il culto del buon cibo e, di conseguenza, del buon vino. Da lì la curiosità di capire meglio questo mondo e la decisione di iniziare il corso da sommelier a inizio 2017. È stato il primo passo concreto che mi ha permesso di entrare nel settore e trasformare una passione in professione”.

Quali sono le qualità più importanti che un sommelier dovrebbe avere per eccellere nel settore della  ristorazione di alta classe? 

“La sensibilità è fondamentale: un sommelier deve saper cogliere il gusto del cliente, capire cosa cerca anche quando non lo sa spiegare, leggere tra le righe delle sue richieste e individuare l’etichetta più adatta al contesto. È un equilibrio sottile tra conoscenza tecnica ed empatia, tra il saper guidare e il non imporre. Serve inoltre una conoscenza approfondita del vino, del territorio e delle tecniche di vinificazione, ma anche capacità di comunicazione e una certa flessibilità nel gestire ogni situazione, sempre con discrezione ed eleganza”.

Come ti aggiorni sulle nuove annate, le varietà di vino e le tecniche di vinificazione? 

“Il confronto diretto con i produttori, attraverso eventi e degustazioni, è il modo più coinvolgente ed efficace per restare aggiornati ed approfondire la conoscenza di un vino e della filosofia che lo guida. Quando non è possibile, mi affido ai distributori, agli assaggi con colleghi, alla lettura di articoli di settore e a una continua ricerca personale sul web”.

Se tu fossi un vino, quale saresti e perché? 

“Mi piacerebbe immaginarmi come un Metodo Classico non ancora sboccato, che riposa sui lieviti in attesa di sviluppare complessità, struttura e carattere. Un vino che evolve nel tempo, arricchendosi di profondità senza perdere la sua freschezza e la sua energia. Mi riconosco in questa idea di evoluzione continua, nel desiderio di migliorarmi costantemente e di affinare le mie competenze senza perdere curiosità e spontaneità”. 

 

Quali tendenze recenti hai notato nel mondo del vino e come influenzano il tuo lavoro quotidiano? 

“C’è una crescente attenzione per i vini naturali, le varietà autoctone e i metodi di vinificazione e/o affinamento tradizionali. I clienti sono più curiosi e consapevoli, quindi il mio lavoro è sempre più orientato alla narrazione e alla selezione di etichette interessanti, sostenibili e di qualità”.

Quali sono le sfide più comuni che affronti nel tuo lavoro e come le superi? 

“Una delle sfide più stimolanti è trovare il vino giusto per la serata del cliente. È un po’ come giocare a Indovina Chi?: più indizi ricevo, più riesco a escludere le opzioni meno adatte fino a individuare la bottiglia perfetta. Spesso i clienti non sanno esattamente cosa vogliono, quindi la mia sfida è fare le domande giuste, interpretare le loro preferenze e guidarli nella scelta senza farli sentire in difficoltà”.

In che misura partecipare a eventi e festival del vino come PWF influisce sulla tua crescita professionale  come sommelier e quali opportunità hai trovato in queste esperienze? 

“Essenziali. Parlare con i produttori, assaggiare annate diverse e confrontarmi con altri professionisti mi permette di affinare il palato e scoprire nuove realtà. Sono occasioni di aggiornamento, studio e confronto, ma anche di ispirazione e networking, fondamentali per rimanere sempre al passo con un settore in continua evoluzione”.