PAESTUM WINE FEST

L'editoriale di Giuseppe Mocciola - Archiviata la quinta edizione del Roma Bar Show, il grande evento dedicato al beverage ed al mondo della mixology: si dice che dalle fiere si esce sempre arricchiti, ma cosa mi ha lasciato questo RBS?

GIUSEPPE MOCCIOLA

Se il mondo del Vino è in crisi, quello degli Spirits sembra riesca a tenere botta: sarà che a buon mercato con 20 euro di drink puoi farti allegramente la serata mentre trovare oggi una bottiglia di vino al ristorante pari costo sembra sia diventata un’utopia. Sarà che in un mondo sempre più abituato alla frenetica velocità imposta dai social, la calma che richiede una bottiglia di vino è imperdonabile.
Ma sarà anche che -sembra- il mondo degli Spirits riesca a tenere botta, sembra, verbo non utilizzato a caso.
Perchè tanti grandi marchi hanno deciso di mescolare le carte e cambiare casacche in un calcio mercato degno della migliore serie A, tagliando sulla rete vendita ( il capitale umano è sempre il primo ad andarci di mezzo ) e puntando su eroici capiarea che promettono di arrivare a coprire con il loro lungo mantello “dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno”.
La sterminata schiera di microdistillatori di Gin che ha affollato le precedenti edizioni è sparita, volatilizzata, e che Dio li abbia in gloria per certi versi mi viene da dire meno male: eravamo un po’ stanchi di ascoltare la storia di “quattro amici con la passione del Gin che durante il Covid guardandosi negli occhi ha pensato: perchè non facciamo un Gin tutto nostro valorizzando le botaniche del territorio?”.
Da questo Bar Show emerge che il buon vecchio Gin, dopo aver fatto incassare un bel po’ di soldini al comparto, pare inflazionato, visto in maniera decisamente schifata dalla marea di grandi e serissimi bartender – bar manager – drinkcreator – bartuttologist che hanno sfilato sobrissimi in questa due giorni discreta ed elegante.
Chiedere un G&T è un attacco armato alla loro dignità lavorativa, andrebbe a ledere irrimediabilmente i loro molteplici anni di studi chimico – fisici e a sminuire le altissime maestranze che costellano il mondo della Mixology.
Che Dio ve ne guardi bene, smettete di essere così plebei e chiedete di bere altro: un twist di qualcosa, possibilmente decostruito, sicuramente reinterpretato, e accertatevi che le chiarifiche non siano state fatte con agar agar.
Doveste avere preferenze di cocktail fruttati ben venga, ma non siate banali e qualunquisti: se l’intenzione è buttarsi su fragola, arancia, ananas, limone sappiate che siete cheap, cringe, old.
Sperimentate! Alchechengi, mangostano, rambutan, guava, cherimoya. E doveste commettere l’ingenuità di dimenticare qualcuno tra questi frutti, rivolgetevi al salvifico Yuzu, che è giapponese e vi lascia coperti da un’immunità diplomatica esotica mista ad un’aurea contemplativa che sicuramente vi farà disprezzare di meno.
Sappiate comunque che non sono drink che state bevendo, ma concetti (o meglio, concept): ad andarvi bene, il Godtender sarà appena tornato da Santorini e sarete insigniti del fausto privilegio di bere un twist di un gimlet con un cordiale depurato di salsa Tzatziki chiarificata con lattico e malico (che non so da quando hanno acquisito il potere di chiarificare) che renderà la bevuta fresca come non mai (e che non vi salti in mente di protestare).
Chiedete Whisky, ma per Dio: che siano in bottiglie povere e riciclate,e che siano “Singol Molt”; e non mi sbagliate la pronuncia, perchè anche se Cavour è in molte zone ancora Càvour, anche se Paypal è Paypol, col Whisky non si scherza o Hemingway si rivolterebbe nella tomba.
Rimanendo in tema linguistico, per il vostro bene ricordate: Tequila è maschile, Il Tequila. Non importa che si continui ad usare la congiunzione “piuttosto che” in forma disgiuntiva (maledetti, prima o poi mi ammazzerete): non vi fate mai – MAI – scappare la Tequila, o la longa manus della censura Mixologist si abbatterà feroce e saccente su di voi. E comunque in ogni caso, non siate così triviali da chiedere un Tequila: siate chic, chiedete “le Agavi”.

In definitiva, da questo Bar Show, ho imparato delle cose fondamentali:
Se l’alcol è gratis, l’uomo rinuncia alla propria dignità
Se l’alcol è gratis, non esiste figlio sano del patriarcato da combattere, nè culture femministe, inclusive, woke, nè alcuna battaglia di genere in vigore: ci si combina a merda, tutto è concesso e tutto è perdonato (viva la coerenza).
Ricordate di portare con voi un trolley vuoto: sarà utile per depredare ogni sorta di gadget alle aziende espositrici, e tornerete a casa con una serie di trofei indimenticabili, che dimenticherete dopo due giorni.
Doveste sentirvi dei pesci fuor d’acqua, ricordate che “Te amo, te quiero, tequila”.
Soltanto “Maledetta Primavera”, starnazzata in coro rigorosamente stonato, può mettere fine ad una manifestazione con picchi trash da Reality Show.
Evviva il Bar Show, che forse, si spera, è già morto.