Alessandra Moneti – Premio alla Carriera

  • Nel mondo del vino si dice spesso che non esistono le notizie, tra inaugurazioni di cantine e nuovi vini sul mercato : come si fa a riconoscere una notizia? Cosa è che fa diventare un qualcosa che riguarda il vino un qualcosa di interesse nazionale?

1) Pur vivendo da spettatore in prima fila il mondo del vino rimango una cronista. Orgogliosamente, cronista. Tenacemente curiosa. Ma nel mio quotidiano il compito più oneroso è distinguere la ciccia dalla fuffa. Peraltro lavoro per l’Ansa, la cooperativa della stragrande maggioranza dei quotidiani italiani, quindi l’aggancio all’attualità è un parametro fondamentale nella selezione di una notizia nazionale. Il mondo del vino italiano fa tanta comunicazione, peccando talvolta però di auto-referenzialità. Andare oltre il singolo annuncio e scovare una tendenza di mercato, o anche di stile di consumo, mi da’ soddisfazione e credo sia utile alla stessa azienda vitivinicola.

  • Quale è la notizia o l’evento del passato in campo enogastronomico che avresti voluto raccontare come giornalista?

2) Non mi piace vivere di rimpianti, e ognuno di noi, pur potendo coltivare sogni e curiosità, ha un proprio spazio di azione. I presenzialisti poi non li considero un buon modello di giornalismo, anche se il mondo dei social sta dando priorità ai selfie negli eventi e non al racconto o riflessioni sull’esperienza. Tuttavia mi capita spesso di desiderare di indossare il mantello dell’invisibilità per poter carpire, magari, il magic moment dell’innovazione, dell’idea brevettata che ha cambiato il nostro modo di vivere la tavola.

  • Mai come oggi il ruolo del giornalista enogastronomico sembra in via di trasformazione: quale è oggi questo ruolo? Quali sono i mezzi più efficaci per comunicare cibo vino e l’enogastronomia in genere?

3) Mai come oggi il ruolo del giornalista enogastronomico ha un ventaglio di mezzi per esprimersi. I quotidiani e le testate giornalistiche con un direttore responsabile hanno uno spazio di azione del tutto differente dall’online. Saper risalire alle fonti, senza scorciatoie sul web, fa la differenza tra un giornalista e le altre figure di comunicatori. La mia giornata inizia con la lettura della Gazzetta Ufficiale, e mi è spesso utile sapermi orientare tra i regolamenti e le norme comunitarie. Ciononostante non posso snobbare quanto avviene nella rete, le testate online con notizie ma anche i trend “gastrofighetti” , sempre più capaci di finire presto nelle pagine dei quotidiani. Nessuno si muove da solo, e il tempo è la risorsa più preziosa per informarsi dalle diverse voci che compongono l’universo enogastronomico.

  • Nella tua esperienza nel campo del vino, dove pensi stia andando la produzione e lo stile dei vini ? i vini senza alcol o con ridotto contenuto di alcol sono uno dei futuri possibili o l’inizio della fine del vino come bevanda?

4) Le uve di territorio e la cura nella comunicazione, dal packaging alla coerenza dei messaggi in etichetta, possono fare la differenza nel successo di un vino. Mentre i vini senza alcol o con ridotto contenuto di alcol sono già una nuova frontiera di business, ma spesso in degustazione oggi deludono per l’eccesso di zuccheri. Spostando peraltro, e questo è un rischio, la fascia di mercato nel mondo delle bevande o, quando va bene, nelle basi per cocktail. E’ tuttavia importante per il mondo del vino stesso non snobbare  la voglia di ingresso nella schiera dei wine lovers di sportivi, astemi, donne incinte, consumatori di determinati credo religiosi, giovanissimi. Sono perciò convinta che cresceranno le cantine italiane ad avere in gamma produzioni alcol-free, ma sarà importante rimanere anche con queste nel mondo di Bacco, senza disperdersi nel mass market delle bibite senza poi avere la struttura e la forza competitiva degli operatori consolidati del settore.

  • Uno degli argomenti del giorno sono le fiere del vino: quale sarà il futuro delle fiere ?  In che modo un festival particolare come il Paestum Wine Fest può creare opportunità e business nel settore?  

5) L’esperienza globale della pandemia, e le crisi belliche ancora in corso alle porte dell’Europa, segnano una nuova era per le fiere. Se non ci sono dubbi sulla voglia di ritrovarsi in presenza, vis à vis, dopo le insofferenze per le ore spese nei meeting su Zoom o Skype, bisognerebbe far tesoro della velocizzazione delle comunicazioni. Le masterclass e i banchi d’assaggio guidati hanno – è vero –  i loro tempi per consentire la piena esperienza sensoriale, ma i convegni, le inaugurazioni, i forum vanno resi più smart, fornendo tuttavia agli interessati puntuali possibilità di approfondimento e di accesso alle fonti delle analisi presentate. Nel mentre il Paestum Wine Fest sta già creando nuove opportunità di business portando professionisti e protagonisti all’evento, e mi sembra che il “fare rete”, anche con selezionate realtà sulla formazione nonché barman qualificati e sommelier, sia una buona pratica già in atto.

  • Per quale motivo pensi sia diverso dagli altri e cosa vorresti vedere nelle prossime edizioni?

6) Essere a Paestum, tra un celeberrimo sito archeologico e uno dei distretti produttivi della mozzarella di bufala di qualità, fa la differenza. Mi piace anche la scelta di un ex tabacchificio come sede, storicamente uno stabilimento legato a una produzione agricola dove, come per il vino, il tempo e la cura manuale del raccolto sono dirimenti. In altri territori un vecchio tabacchificio ospita le opere di Burri, aprendo, come del resto avviene al Paestum Wine Fest, un recupero industriale all’insegna della creatività. Nelle prossime edizioni mi piacerebbe trovare più spazio agli spirits, il Sud ha tanto da raccontare sia nel crescente successo degli amari e dei gin italiani, sia nella tradizione di nocino, limoncello, e distillati.